NID Platform 2021. La vetrina che promuove i talenti italiani della danza
Tra luci e ombre, una panoramica sui protagonisti dell’ultima edizione di NID Platform e sui nomi selezionati per il 2022.
Si è svolta a Salerno la prima parte della VI edizione della NID Platform, vetrina italiana della danza che da sempre attira grandi flussi e che quest’anno ha dovuto fare i conti con le misure anti Covid, limitando l’accesso all’evento. Se la parola più inflazionata in pandemia è resilienza, anche la NID deve adattarsi ai tempi.
I NUMERI DELLA NID
Alla call hanno risposto 78 compagnie con 154 spettacoli, 20 le compagnie selezionate, 10 per gli Open Studios (categoria di lavori in fieri nata nella scorsa edizione di Reggio Emilia) e 10 per la Programmazione. Un bando che punta alla “pluralità dei linguaggi”, a “rinnovare l’attuale mercato italiano” ha uno scopo altissimo: indagare la scena italiana scoprendo nuovi talenti, intercettando a che punto sia la ricerca, valorizzando le novità e la qualità per ampliare l’offerta della programmazione teatrale nazionale e internazionale.
DANZA E DIGITALE
Apre la sezione Open Studios Nicola Cisternino con My lonely lovely tale che, insieme a Cloud di Giovanfrancesco Giannini ‒ prima presenza in Nid –, Re_play di Giselda Ranieri e Rosarosaerosae di Sara Lupoli, forma la schiera dei lavori interattivi. Re_play, intelligente e fruibile, è uno studio sulla memoria in un connubio di voce, danza, mimica e un minuzioso uso del corpo. Raffinata indagine psicologica sulle personalità è Rosarosaerosae, che riesce allo stesso tempo a turbare e stimolare la riflessione spingendo a interrogarsi sulla propria natura in bilico tra le maschere che si indossano e l’adesione senza compromessi al vero sé.
Aumenta la presenza del digitale, sempre più esplorato nella danza contemporanea e il cui coefficiente di rischio in quanto a banalità e uso elementare dei dispositivi è altissimo. L’utilizzo realmente funzionale al progetto richiede studio approfondito della materia e consapevolezza del livello raggiunto – in quanto a supporti, programmi, ricerca, innovazione ‒in ambito performativo e, sopra ogni cosa, la chiarezza degli intenti del progetto.
TRA COREOGRAFIA E INSTALLAZIONE
Una mescolanza equilibrata di performance e lavori coreografici ha caratterizzato questa edizione con pluralità di linguaggi e diverse declinazioni della danza contemporanea.
Interessante il potenziale di Piano solo corpo solo di Claudia Caldarano che, una volta portato a compimento, potrebbe essere di forte impatto emotivo e visivo. In Rua de Saudade di Adriano Bolognino la malinconia delle musiche sposa un movimento al limite della tensione: spasmi, gesti trasandati ed eleganti e camminate fiere in una danza ansiogena in continuo crescendo. Un movimento che diviene tribale alimentato dalla forza delle due batterie che lo accompagnano caratterizza Heres ‒ nel nome del figlio di Ezio Schiavulli. Sara Sguotti presenta Some other place ‒ apparentemente 15 minuti di esercizi di mobilità articolare che richiedono anche una certa dose di forza e tecnica, ma la cui finalità artistica, coreografica e performativa lascia perplessi ‒ mentre Venas velas di Pietro Marullo è un gioco illusionistico ancora molto acerbo. A chiudere gli Open Studios Un discreto protagonista di Alessandra Paoletti e Damiano Ottavio Bigi, in una combinazione di stili che dà vita a un movimento fluido cadenzato da ritmi e generi musicali così diversi tra loro da toccare tutte le corde dell’emotività.
DUBBI SUI CRITERI DI SELEZIONE PER MAGGIO 2022
La NID è una vetrina che da sola potrebbe generare linfa vitale per un settore che rischia di annichilirsi nell’autoreferenzialità e nella ripetizione noiosa del già visto (milioni di volte). Com’è potuto accadere che con una tale mole di candidati si sia riusciti a selezionare (ancora) i soliti nomi? Marco D’Agostin e Michele Di Stefano sono selezionati per la terza edizione di seguito, Silvia Gribaudi e Daniele Ninarello sono invece alla quarta. È possibile che questo accada (anche) perché nella commissione selezionatrice su 9 elementi 5 provengono dal teatro e 4 dalla danza, che invece ha i suoi ricercatori, programmatori, organizzatori, storici, coreografi, e mettere gli esperti di settore in minoranza non può certo garantire la qualità della selezione (in una vetrina nata per attori è molto difficile che la commissione sia composta da danzatori o coreografi). Si finisce quindi con molta probabilità per selezionare sulla base di un “gusto personale” o si individua il nome noto per non correre rischi. Per intercettare a che punto sia un lavoro di ricerca, in che tipo di dialogo possa entrare con l’estero, o scoprire novità e talenti al di là delle mode e della comfort zone, è necessario che la sensibilità artistica di una commissione sia supportata dalla conoscenza del campo d’indagine fin nel profondo. La parola “vetrina” non lascia spazio all’immaginazione, è luogo in cui esporre e mostrare prodotti nuovi inscindibilmente legato al mercato e alla vendita, non è un nome poetico, non è un rimando letterario, non è interpretabile. È l’occasione per il nuovo di imporre se stesso, è la chance che qualcosa di nuovo venga visto e intercettato. Altrimenti è un mercatino di seconda mano.
‒ Manuela Barbato
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